Il mestiere dell’imprenditore non è semplice e quando i guai sono causati da uno sbaglio legale diventa estremamente complesso difendere la propria reputazione. Il nome di Gratteri è un’assoluta garanzia perché si tratta di una figura rispettata e autorevole. È proprio la serietà del sostituto procuratore che colpisce mediaticamente Velardo, uomo d’affari internazionali che è stato raggiunto da un provvedimento molto duro, che poi si è rivelato privo di fondamento. Convincere l’opinione pubblica dell’innocenza è un percorso a ostacoli perché ormai la notizia è balzata su tutte le cronache e non è sufficiente nemmeno battersi nelle aule di giustizia.
Antonio Velardo inizia a tessere rapporti economici oltre confine già all’età di 18 anni. Quando torna in Italia da Capo Verde vorrebbe importare un modello immobiliare rivolto in modo particolare ad acquirenti inglesi e irlandesi. In Calabria credono fortemente nel suo spirito di iniziativa e dalla cittadina di Brancaleone l’imprenditore avvia una florida attività, che lo porta a vendere case vacanza situate sulla costa ionica. La sede dell’azienda si trova a Dublino, la città dalla quale arrivano anche molti clienti. Il target principale sono i pensionati che hanno intenzione di venire a Reggio Calabria per passare la bella stagione all’insegna del clima gradevole e delle peculiarità del territorio.
Le proposte di acquisto non sono mai mancate e Velardo raggiunge la cifra significativa di poco meno di 900 appartamenti piazzati sul mercato, con un successo sempre crescente che tuttavia finisce nel mirino degli inquirenti. Un’indagine per il grave reato di riciclaggio si abbatte contro l’azienda e la procura di Reggio Calabria approfondisce la posizione dell’imprenditore e del socio di origini irlandesi. Parte un vero e proprio mandato d’arresto ma Velardo in quel momento è in America. Il primo impatto con la documentazione è devastante sotto il profilo emotivo perché l’uomo di business non conosce le dinamiche giudiziarie, non essendo mai stato oggetto di un percorso simile. L’avvocato di fiducia rincuora Velardo spiegando di essere di fronte a un evidente errore, che potrà poi essere dimostrato nelle sedi opportune. Contestualmente all’offerta di patrocinio, però, il professionista è costretto a ribadire che i tempi della giustizia sono piuttosto lunghi ed evitare il carcere è la strategia più saggia da adottare, in attesa di definire la questione di fronte ai giudici.
Velardo invia dal Belize, dove era andato a stabilirsi, l’intero incartamento inerente ai conti correnti, per collaborare e per cercare di velocizzare le pratiche. La Cassazione si esprime con la revoca dell’arresto e sottolinea che non esistono indizi di colpevolezza. Anche i magistrati di Locri chiedono l’assoluzione ma, benché le vie legali portino i frutti sperati, il processo mediatico non si esaurisce. Un’inchiesta su Credit Suisse macchia di nuovo l’onore di Velardi, immotivatamente, essendo del tutto estraneo ai fatti contestati all’istituto. Il punto è che la notizia riguarda ancora una volta il riciclaggio, perciò alcuni giornalisti associano automaticamente il nome di Velardo a questa nuova situazione bancaria.
L’imprenditore ha sporto regolare denuncia contro la testata giornalistica che ha insistito a mettere in dubbio la buona reputazione ma la macchia è indelebile. Velardo oggi chiede con forza di esercitare il diritto all’oblio e di non essere più bersagliato dalle falsità.
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