Esistono tre tipi di lavastoviglie: la lavastoviglie a libera installazione, la lavastoviglie da incasso e la lavastoviglie da tavolo.
La lavastoviglie a libera installazione è totalmente indipendente dal piano cucina e dagli altri arredi e si può disporre a proprio piacimento in base allo spazio che si possiede.
La lavastoviglie da incasso invece, essendo inglobata all’interno di un mobile o nel piano cucina, deve avere necessariamente delle dimensioni tali da combaciare con quelle della struttura dove sono incassate.
All’interno di questa categoria esistono due sottocategorie: lavastoviglie verticale e lavastoviglie orizzontale. Quest’ultima dispone di un unico cestello sviluppato in orizzontale e di conseguenza una capienza limitata. Tuttavia il cestello rialzato rispetto al livello del pavimento impedisce torsioni difficoltose per raccogliere le stoviglie.
La lavastoviglie da tavolo, pur avendo una capacità più piccola rispetto a tutti gli altri modelli, ha il vantaggio di rimanere più a portata di mano e di essere facilmente spostabile.
Storia della lavastoviglie
Un primo, rudimentale prototipo di lavastoviglie fu ideato nel 1850 da Joel Houghton, che inventò un meccanismo di tubature di legno che spruzzavano getti d’acqua sulle stoviglie sia durante il lavaggio che durante il risciacquo. L’idea di Houghton fu messa a punto da una signora dell’alta società di nome Josephine Cochrane con l’aiuto di un meccanico. Quest’ultima presentò all’Esposizione Universale del 1887 una macchina lavapiatti che rispetto al prototipo disponeva di un motore manuale per spruzzare l’acqua e di un meccanismo rotante che faceva ruotare la gabbia-scomparto per le stoviglie. Dato il successo che ottenne questa invenzione, la Cochrane elaborò un vero e proprio progetto ‘industriale’ vendendo il suo macchinario a ristoranti e alberghi.
Tuttavia per parlare della prima lavastoviglie ‘moderna’ bisogna aspettare il 1924, ovvero quando William Howard Livens progettò una macchina lavapiatti domestica con rastrelliera per riporre ordinatamente i piatti e con l’irroramento rotante. Questo modello ebbe un’ulteriore evoluzione con l’aggiunta del sistema di asciugatura nel 1940 ma solo anni dopo, negli anni ’50, cominciò a diffondersi a macchia d’olio.
Pur essendo questo dispositivo già praticamente dotato di tutti gli accessori e le componenti di quelle odierne, il concetto di lavastoviglie come ‘oggetto di design’ non prese piede prima del 1960.
Come si usa una lavastoviglie
Una volta disposti i piatti nelle rastrelliere, le posate in un apposito contenitore e il resto di pentole e padelle nei cestelli si versano detersivo e brillantante negli appositi comparti. Chiuso lo sportello della lavastoviglie, si imposta il programma che si ha in mente e si preme il tasto ‘start’.
Il funzionamento di questo elettrodomestico ruota attorno a due fasi. Nella prima viene effettuato un lavaggio con acqua calda e detergenti, portata tra i 45 e i 75° tramite una resistenza. Durante la seconda invece avvengono un paio di risciacqui con acqua fredda e un ultimo risciacquo a 65° con l’azione contestuale del brillantante per facilitare l’asciugatura delle stoviglie.
Consumi della lavastoviglie
Il consumo medio di una lavastoviglie si attesta attorno ai 25 kWh. Tuttavia alcuni modelli di ultima generazione, in particolare di lavastoviglie orizzontale, possono scendere addirittura a 1,2 kWh per una sessione completa di lavaggio.
Gli ultimi modelli di lavastoviglie orizzontale dispongono di programmi a risparmio energetico grazie ai quali, lavando i piatti a 50°, oltre all’energia vengono risparmiati anche circa 3 litri d’aqua.
Un paio di stratagemmi per diminuire i consumi sono il lavaggio a pieno carico e saltare la fase del prelavaggio lavando a mano le stoviglie.