Chi paga la Malattia l’Inps o il Datore di Lavoro?

Capita a tutti durante l’esperienza lavorativa di dover chiedere al datore di lavoro dei giorni da trascorrere a casa, per poter guarire da una malattia oppure sottoporsi ad interventi particolari, con relativo periodo di convalescenza.

In questo caso, è importante conoscere quali sono i propri diritti in merito, per esempio quanti giorni di malattia si possono fare in un anno, o ancora, a chi spetta il pagamento delle giornate lavorative perse per occuparsi della propria salute.

In questo articolo affrontiamo l’argomento, cercando principalmente di chiarire un dubbio presente in molti lavoratori: chi paga la malattia l’Inps o il datore di lavoro?

Cosa si intende per Malattia durante il Lavoro

Ogni volta che il tuo stato di salute viene alterato tanto da impedirti di recarti al lavoro oppure svolgere le relative funzioni previste, si parla di malattia, una condizione tale da costringerti a stare a casa, regolata dall’art. 2110 del Codice Civile.

Stando alla normativa, dunque, rientrano in questa casistica tutte le malattie intese nel senso più generico del termine, che possono riguardare una semplice influenza, oppure una ferita accidentale; non solo, la legge prevede che rientra nella circostanza sopra descritta anche il periodo di convalescenza, ovvero quella fase di completa guarigione successiva ad una grave patologia oppure ad un intervento chirurgico.

Vi sono poi delle situazioni particolari in cui il lavoratore si ritrova a dover fronteggiare una malattia tanto invalidante da richiedere delle terapie specifiche, che gli impediscono di recarsi al lavoro: si pensi, per esempio, a chi si sottopone a chemioterapia, radioterapia oppure a dialisi.

Anche in questi casi, stando a casa si può ricevere un’indennità per malattia, con la garanzia di conservare il proprio posto di lavoro, chiaramente entro tempistiche precise stabilite dall’articolo di cui sopra.

Fra le altre condizioni particolari citiamo: l’aborto (spontaneo o terapeutico) avvenuto entro il 180° giorno dall’inizio della gestazione, le cure termali per patologie croniche, la donazione del midollo osseo, la procreazione assistita e la donazione degli organi.

Non tutti hanno diritto all’indennità!

Secondo la legge, il diritto all’indennità durante il periodo di malattia vale generalmente per tutti i dipendenti, siano essi parte del settore privato oppure pubblico; a questi si aggiungono i lavoratori assunti con contratto di apprendistato, i soci di società ed enti cooperativi, gli iscritti alla Gestione Separata Inps, coloro che lavorano nel mondo dello spettacolo e chi viene sospeso per aspettativa politica o sindacale.

Invero, esistono delle categorie di lavoratori che non possono richiedere il pagamento della malattia, pur trovandosi in circostanze piuttosto spiacevoli, che impediscono il normale esercizio della professione.

Più nel dettaglio, si possono raggruppare nelle seguenti categorie:

  • Lavoratori autonomi;
  • Collaboratori familiari, come colf e badanti;
  • Chi lavora attraverso collaborazione coordinata oppure offre prestazioni occasionali.

Quindi, chi paga la Malattia?

Chiarito cosa si intende per malattia e chi sono i soggetti che possono richiederla, rispondiamo al quesito iniziale, ovvero chi effettivamente paga l’indennità, se l’Inps oppure il datore di lavoro.

In realtà, la risposta è entrambi! Questo perché i primi 3 giorni di malattia vengono chiamati “periodo di carenza” e generalmente sono pagati al dipendente dal datore di lavoro, secondo quanto previsto dal contratto nazionale.

Dal quarto giorno in avanti è l’Inps che si fa carico della questione, facendoti percepire quanto dovuto attraverso la busta paga mensile, tenendo conto del fatto che all’interno del conteggio vengono considerate le giornate lavorative effettivamente perse e non ogni singolo giorno di calendario.

Per esempio, se il tuo contratto di lavoro prevede 40 ore settimanali dal lunedì al venerdì, riceverai l’indennità di malattia contando i relativi giorni feriali, esclusi quindi il sabato, la domenica ed eventuali festivi.

Vi sono poi alcuni casi in cui è la stessa Inps che eroga direttamente la retribuzione dovuta, senza dover superare il periodo di carenza e sono i seguenti:

  • Lavoratori agricoli assunti a tempo determinato;
  • Lavoratori a termine assunti per impieghi stagionali;
  • Disoccupati e sospesi, non in cassa integrazione;
  • Dipendenti di un’azienda che ha cessato l’attività per fallimento.

Quanto viene pagata la Malattia

Tenendo conto delle tempistiche di cui sopra, cerchiamo di comprendere a quanto ammonta l’indennità durante il periodo di malattia: per quanto riguarda il periodo di carenza, ovvero i primi 3 giorni, la retribuzione prevista è quella base da contratto, senza maggiorazioni, eventuali premi oppure spese viaggio.

Nel momento in cui subentra l’Inps nell’erogazione, viene calcolato il 50% della retribuzione fino al 20° giorno, che aumenta al 66,6% superato il 21° giorno. Nel caso dei dipendenti pubblici, invece, si calcola l’80% della retribuzione per tutto il periodo di malattia.

Potresti comunque notare nella busta paga un importo più elevato rispetto a quanto appena riportato e ciò è dovuto all’integrazione effettuata da parte del tuo datore di lavoro, che consente un incremento di percentuali nei diversi periodi, arrivando al 100% della retribuzione superato il 21° giorno di malattia.

È importante prestare attenzione al fatto che il pagamento da parte dell’Inps non ha validità permanente ma è soggetta a dei limiti ben precisi; difatti, in generale i lavoratori dipendenti assunti a tempo indeterminato non possono effettuare più di 180 giorni di malattia in un anno solare, definito periodo di comporto.

Casi in cui si sospende l’indennità oppure non si eroga

Come già anticipato, esistono delle situazioni in cui sia il datore di lavoro, sia l’Inps, potrebbero sospendere il pagamento dell’indennità di malattia, per esempio per il superamento del periodo di comporto.

In tal caso, se il medico curante dovesse accertare uno stato di malattia ancora in corso, potresti comunque continuare a rimanere a casa, ma si entrerebbe nel cosiddetto periodo di aspettativa, senza quindi ricevere alcuna retribuzione.

Un altro caso di sospensione dell’indennità è quando il lavoratore in malattia non viene trovato presso il domicilio nel corso di una visita di controllo, che può avvenire in qualsiasi giorno, nelle seguenti fasce orarie:

  • Dalle 9.00 alle 13.00, oppure dalle 15.00 alle 18.00 per i dipendenti pubblici;
  • Dalle 10.00 alle 12.00, oppure dalle 17.00 alle 19.00 per i dipendenti di aziende private.

Infine, per ricevere un’adeguata retribuzione durante la malattia, è importante seguire il corretto iter di avviso del datore di lavoro e dell’Inps come previsto dalla normativa, ovvero inviare il certificato redatto dal medico curante in forma telematica.

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