Basilica della Santissima Annunziata Napoli

La chiesa della Santissima Annunziata riunisce la maestosità architettonica di Luigi Vanvitelli e la commovente storia dei bambini che venivano abbandonati per avere una vita migliore.

La chiesa della Santissima Annunziata sorge in uno dei luoghi più storici di Napoli.

Tra Spaccanapoli e il corso Umberto I, più precisamente in Via Forcella, la Basilica è considerata una dei capolavori architettonici di Vanvitelli. Una prima chiesa venne fondata nel XIII dagli Angioini, ma già nel 500 venne ampliata grazie a Ferdinando Manlio. La struttura dopo essere stata colpita da un incendio venne affidata proprio al Vanvitelli, artista della corte borbonica, che assieme al figlio Carlo, le diedero un aspetto tardo barocco. L’interno della chiesa è a croce latina con una navata unica. Lateralmente sono presenti sei cappelle, che ricordano la Cappella Palatina della Reggia di Caserta, realizzata dallo stesso Vanvitelli. La basilica attuale fa parte di un grande complesso monumentale che all’inizio era composto anche da un ospedale, un convento, uno ospizio per orfani ed un “conservatorio” per le esposte, ossia le ragazze povere o prive di famiglia, che venivano ospitate qui per conservare la loro virtù, ma a cui veniva fornita anche una piccola dote per essere maritate. La struttura all’inizio rappresentava una delle “Sante Case dell’Annunziata”, un’antica e importante istituzione presente nel Regno di Napoli nel XIV secolo. Le case erano enti assistenziali per la cura dell’infanzia abbandonata ed erano governate dai laici.

L’istituzione, dedicata alla cura dell’infanzia abbandonata, era patrocinata dalla Congregazione della Santissima Annunziata, fondata nel 1318. La congregazione, sostenuta anche dalle famiglie nobili di Napoli ebbe vita lunga fino a metà del novecento. A sinistra dell’ingresso è ancora visibile, anche se oggi è chiuso, il pertugio attraverso cui venivano introdotti nella ruota di legno gli “esposti”, cioè i neonati che le madri abbandonavano per miseria, o perchè illegittimi. Spesso accanto alla ruota era presente un campanello, così da avvisare le suore o le balie, che c’era un bimbo da accogliere. Indosso alcuni neonati non avevano nessun oggetto di riconoscimento, mentre altri erano accompagnati da un foglietto di carta con su scritto il nome dei genitori, oppure indossavano un pezzo d’oro o di argento. Tutto ciò che indossavano veniva annotato in un registro, casomai in un futuro qualcuno li avesse riconosciuti. I bambini ospiti della struttura venivano chiamati “figli della Madonna”, “figli d’a Nunziata” o appunto “esposti”. Il più diffuso tra i cognomi napoletani, Esposito, nasce proprio dalla storia di questa ruota. La ruota, una delle più note d’Italia, fu chiusa nel 1875, ma a causa della miseria, continuarono però ad essere lasciati sui gradini della basilica per molto tempo ancora.

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