Luca Chendi presenta la raccolta poetica “Ter(r)apeutica”

Luca Chendi – “Ter(r)apeutica”

 

Luca Chendi presenta una raccolta di poesie in cui si esplorano i temi del lutto, del ricordo, dell’amore e dell’appartenenza alla Terra e alle nostre radici. Un’opera delicata e suggestiva divisa in tre sezioni, in cui si attraversano i momenti di perdita, di buio e di freddo, per poi aprirsi alla stagione calda della rinascita e della potente consapevolezza di essere vivi, nel qui e ora.

 

 

Casa Editrice: Ronzani Editore

Collana: Lietocolle

Genere: Poesia

Pagine: 100

Prezzo: 15,00 €

 

«È – come dici – un crocevia. Non ho mai atteso in casa gli attimi che mio padre mi lasciava sotto il naso; non ho mai – se non per caso – avuto nostalgia del passo familiare. Ma quest’estate che con attenzione le gazze ladre spiumano è anche la mia pelle che si spoglia. La vita ora la sento nuda, completa meraviglia che rivedo tra le ciglia di mia madre»

 

“Ter(r)apeutica” di Luca Chendi è l’intima testimonianza di un poeta che non ha paura di guardare in faccia il dolore, e di attraversare costruttivamente e con lucidità il sentimento devastante del lutto. L’autore è presente fino in fondo: con il suo cuore, con la sua mente, con la sua anima; si guarda dentro e con perizia chirurgica estrapola i frammenti della sua sofferenza più viva e bruciante, quella che solo la perdita di una persona molto vicina può causare, e li espone con lo scopo di creare un dialogo con il lettore, di gettare un ponte che, se percorso, può condurre a osservare il proprio lutto personale da un rinnovato – e terapeutico – punto di vista. Tutti siamo collegati, specialmente nell’esperienza del dolore, e ognuno è connesso strettamente alla Terra che lo accoglie benigna; è un circolo che non si spezza, è l’appartenenza: un fondamentale concetto che ritorna, declinato in numerose sfumature, all’interno della raccolta.

L’opera è divisa in tre sezioni: nella prima, “Repost | Dolore”, sono contenute le liriche più malinconiche e struggenti; si avverte la solitudine di colui che soffre ma anche il desiderio di comprendere il senso del lutto e di riconnettersi con chi non c’è più. Vi sono echi dei confortanti ricordi d’infanzia, ma di fondo vi è sempre la tristezza di vedersi danneggiati e immobilizzati dalla stretta della morte. Vi sono però piccoli spiragli di luce, che si allargheranno poi nella seconda sezione, intitolata “Miele”: qui si abbandonano le suggestioni dominanti dell’autunno e dell’inverno per aprirsi alle stagioni più calde. Trova spazio il canto per l’amore terreno, e anche per il prodigio della nascita (e della rinascita); vi è serena accettazione, e nuova linfa scorre nelle vene prima inaridite, restituendo al corpo il proprio peso nello spazio. L’incontro con l’altro, la preziosità del condividere, divengono antidoto alla sofferenza, vaccino contro il terrore dell’inevitabile transitorietà. Nella terza sezione, “Tra i corti di Moretti”, giunge la consapevolezza piena dell’esserci nel momento presente, nel qui e ora, l’unica concessione che lo spietato Tempo ci offre – «Se siamo, siamo in uno schiocco di dita […]»; fortunato è chi vive la vita con questa cognizione.

Luca Chendi evoca con le parole immagini concrete e vivide, che lasciano il segno; la poesia ha il pregio di rappresentare perfettamente la complessità del sentire umano, ed è ciò che accade in questa raccolta poetica: l’autore si accorda alle nostre emozioni, a quelle a cui non riusciamo a dare voce, e le rende importanti, le rende reali.

 

SINOSSI DELL’OPERA. L’autore offre una scrittura che attesta esplicitamente l’esistere in una forma che – da particolare – mira all’universale, da evento lirico vuole trasformarsi in testimonianza. L’elemento letterario non si esaurisce nell’esperienza dolorante della perdita: vi è un momento in cui l’autore, riappropriandosi del proprio corpo e dei suoi ingombri, compie un movimento verso il ricordo di quella che è stata la sua rappresentazione del mondo – Ho la profondità dell’abbandono nel cognome. | L’usura della pelle è così dura che | non può riconsegnare il corpo. Le gambe sono un lento riprendersi la vita. Questo slancio è la vera uscita dall’angoscia della perdita: incastonare l’oggetto scomparso in un senso esistenziale capace di ricostruirsi – esperienza dopo esperienza, emendamento dopo emendamento – attraverso l’alterità, in virtù di quella rappresentazione del mondo che ci permette di ricostruire il respiro (Dall’introduzione di Fabio Prestifilippo Colombrino).

 

BIOGRAFIA DELL’AUTORE. Luca Chendi vive in provincia di Bologna. Esordisce in poesia nel 2015 e un anno dopo vince il Concorso Nazionale Guido Zucchi; lo stesso anno viene selezionato per le antologie “Amore e Psiche” e “Poeti italiani”. Nel 2017 risulta finalista al Concorso Letterario Nazionale Amo Lei, nel 2018 è selezionato tra i finalisti del Concorso Nazionale Friend’s Date e lo stesso anno vince il Concorso Nazionale Peppe Renzi. Si afferma nel 2020 tra le voci poetiche italiane under 30 più interessanti, risultando tra i finalisti ai Concorsi Nazionali Vita Alla Vita e Poeti Oggi. Nel 2023 suoi inediti sono inseriti nei quaderni di poesia n°?59 della rivista internazionale “Poeti e Poesia”. I suoi versi sono stati tradotti in inglese, francese e spagnolo.

 

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