Formati nel 1987, The Necks sono oggi una delle band di culto mondiali. Trio composto da Chris Abrahams al piano, Tony Buck alle percussioni e Lloyd Swanton al basso, incarnano un senso musicale che ha pochissimi metri di paragone. Il trio ha trascorso oltre 30 anni a perfezionare uno strano senso di movimento. Attingendo alle tradizioni intersecanti del jazz, dell’improvvisazione e della musica ambient, ha creato una musica ultra-minimale così ossessionata dalla ripetizione che può sembrare di stare fermi. Il New York Times li ha definiti “il più importante trio al mondo”.
La loro musica è talmente unica da non avere catalogazione. Sembra jazz ma non lo è, sembra minimalismo ma è decisamente più di questo, sembra ambient ma ne ricalca solo qualche suggestione. E’ musica contemporanea colta, ma che ha un’incredibile capacità di ammaliare e affascinare in modo diretto. The Necks sono la miglior band al mondo nel suonare questa musica, e questa musica la suonano solo loro. Sicuramente è dal vivo che danno il meglio, nonostante i molti album pubblicati siano tutti di livello eccelso.
Solitamente iniziano a suonare una figura melodica e ritmica di base, e poi continuano per un’ora, introducendo gradualmente microscopici cambiamenti e variazioni. Alcuni critici li hanno paragonati a gruppi Krautrock come Can e Faust. Altri trovano somiglianze nelle opere di compositori minimalisti come LaMonte Young, Tony Conrad e persino Philip Glass. La band è stata descritta come rivoluzionaria contro la tradizione nell’ultimo quarto di secolo, soprattutto occupando gli spazi tra le posizioni accettate e rifiutando ostinatamente di obbedire alle regole del genere.
Ogni performance dei Necks inizia con una pagina bianca che uno del trio inizierà a riempire per dare inizio al viaggio. Non ci sono regole, né accordi su chi prenderà il comando e su come si evolverà il discorso. Gli unici criteri che si applicano sono quelli dei loro standard impeccabilmente elevati. Uno alla volta, entrano nella composizione con i loro contributi: tutti e tre gli esecutori sono indipendenti ma intrecciati. Mentre il “pezzo” si costruisce attraverso sottili micro-cambiamenti, l’interazione dei loro strumenti crea strati di armoniche e lavaggi prismatici del suono che portano alcuni ad applicare l’etichetta di genere “trance jazz”.
Ogni spettacolo dei Necks è un’esperienza fuori dall’ordinario. I Necks fanno sprofondare gli ascoltatori in un tipo di profondità psicologica violenta che pochi altri gruppi riescono a raggiungere.
L’esperienza di un live dei Necks è catartica e sconvolgente e non è mai uguale a se stessa.
Assistere ad un concerto di questo incredibile trio significa abbandonare quel che si riteneva ovvio sull’ascolto e sul senso di concerto e immergersi corpo e membra in un’atmosfera talmente distante dall’abituale da risultare liberatoria e purificante.
Nessun altro gruppo riesce a raggiungere un’area sonora lontanamente simile, quasi come se la loro musica fosse disincarnata dal tocco umano convenzionale, arrivando da una qualche fonte astratta sconosciuta.
Ha scritto il Times di Londra: “È abbastanza sicuro dire che nessun altro gruppo al mondo suona come i Necks… straordinaria empatia e disciplina”.
Per il Guardian: “Producono un’esperienza sonora post-jazz, post-rock, post-tutto che ha pochi paralleli o rivali. Possono insegnarci ad ascoltare in modo nuovo, ma comunicano allo stesso tempo un’energia e un calore feroci. La loro musica è un viaggio emozionante ed emotivo verso l’ignoto. Come vedere un mondo in un granello di sabbia, i Necks ci permettono di ascoltare un intero nuovo mondo musicale in una scheggia di suono”.
Scrive il Financial Times: “Come tre musicisti possano suonare come diciotto è un mistero… dall’ensemble emergono suoni straordinariamente magici… il modo in cui i Necks fanno questo con gli strumenti acustici è a dir poco miracoloso”.
Quel che fanno è inspiegabile, inclassificabile e irraggiungibile, a meno che non siate loro.
Un concerto unico, immancabile, un’esperienza assoluta.