Obici: “Solipsistic Horizon”

Il nuovo progetto del duo trentino è un’opera che invita l’ascoltatore a un viaggio introspettivo, dove la musica diventa il mezzo per esplorare e conoscere meglio se stessi

Questo progetto rappresenta un viaggio sonoro unico, nato dalla collaborazione intensa e meticolosa in sala prove. Le idee originali dei singoli membri si sono fuse in un’opera collettiva, con un focus particolare su basso e batteria, che costituiscono la struttura portante dell’album.

La produzione, curata da Mauro Andreolli, ha rispettato questa visione, con le chitarre che assumono un ruolo decorativo piuttosto che centrale. Ogni brano presenta almeno tre tracce di chitarra che si intrecciano in una sinfonia fragorosa, creando un mix coerente e ricco di dettagli.

Le linee vocali e i testi sono stati sviluppati in una fase successiva, lasciando che fosse la musica a suggerire le parole. Questo approccio ha permesso di creare uno spazio vocale perfettamente integrato con il sound complessivo.

Il titolo “SOLIPSISTIC HORIZON” riflette il concetto di un orizzonte utopico, un obiettivo irraggiungibile che ci spinge a migliorare continuamente. Questo viaggio e la crescita personale sono vissuti come un’esperienza solipsistica, esistente solo all’interno di noi stessi.

La copertina, realizzata da Maddalena Cumer, riassume questi concetti, ispirandosi a uno dei testi dell’album, “Mout Hovitzers”, che paragona il percorso alla scalata di una montagna e alla sensazione di crescita interiore che si prova una volta raggiunta la vetta.

TRACK BY TRACK

THE SCREAM – Il naturale e sano processo di abbandonare i propri sogni di gioventù per ambire ad obiettivi più reali. In un certo momento della vita questa appare come l’unica scelta possibile, nonché un’ultima occasione per realizzarsi in qualche modo come individui. Se prima si sognavano grandi spazi sterminati ora sembra già una sfida insormontabile portare a casa una settimana lavorativa. Ma dov’è finito quel lampo di gioventù? Ci urla dentro ricordandoci quello che è stato.

Musicalmente la struttura compositiva ritmica è tra le più complesse dell’album e si sviluppa in un crescendo finale. È un buon biglietto da visita per l’album in quanto illustra fin da subito le prerogative della band e gli obiettivi che si è prefissata.

PUSHING THAT STONE – Perché non accontentarsi di quello che si ha come spesso ci hanno consigliato le vecchie generazioni? Ancora una volta vogliamo qualcosa di più ed ancora sentiamo lo sforzo di spingere questa pietra per l’eternità. Come i dannati del canto settimo diamo sia avari, perché non riusciamo a sacrificare la nostra essenza, che prodighi, in quanto scialacquatori di occasioni per diventare conformi. D’altronde siamo nati per cavalcare un fulmine.

Musicalmente un brano tra i più lineari e per questo scelto come primo singolo. Si basa su una serie di riff di basso che fin da subito sono sembrati orecchiabili, sostenuti da una batteria pulsante. Sopra questa base gira un vortice di chitarre acide a più voci che creano un muro white noise.

EXTINCT PRIDE – Un brano ironico su come sia complicato ultimamente tra uomo e donna, soprattutto nel caso in cui appartengano a generazioni diverse. Non c’è alcuna volontà di giudizio sulle opinioni delle due parti in gioco, ma semplicemente una resa del protagonista al nuovo che avanza. Le ultime volontà del condannato dall’evoluzione sono solo quelle di essere lasciato in pace, ma difficilmente gli verrà concesso questo ultimo desiderio.

La base sembra una samba, però dispari. Anche le atmosfere sono maggiori e vagamente leggere anche se permane una vena di tensione che però non prende mai il sopravvento. Il finale è una marcia nuziale fragorosa a celebrare il matrimonio del protagonista con sé stesso.

YOU FAILED – Il brano parla del fallimento, non come punto d’arrivo, ma come base per una ripartenza. Non esiste un successo meritato e duraturo che non passi da infiniti tentativi fallimentari. Ciononostante questi fallimenti non sono mai garanzia di un futuro successo, ma più spesso significano solo mancanza di talento. Ci si trova dunque in questa situazione già vissuta molte volte del dover ricominciare da zero con un progetto sentendo tutto il peso del percorso svolto. Spesso abbiamo fallito per mancanza di coraggio, per quella paura radicata in noi che ci costringe a volare bassi. Ci è stato insegnato che concretezza e umiltà sono doti, ma da questo punto di vista sono anche una condanna alla mediocrità. La vertigine di fronte al successo. Tutto questo mentre arriva la sera e i pensieri si fanno confusi. Ma al sorgere del sole le idee si chiariscono e la battaglia ricomincia.

Pezzo tra i più melodici e lineari se non per qualche disturbo di chitarre risonanti in lontananza. La musica malinconica che ha origine da un arpeggio di basso ha suggerito uno dei testi più introspettivi del disco.

THE FALLING PIECES – Dal passato riemergono ricordi confusi di persone e situazioni con un sottofondo malinconico per quello che poteva essere e non è mai più stato. Non sappiamo mai se quella che abbiamo è l’ultima occasione per dire qualcosa o per vivere una situazione. Un po’ per ottimismo, un po’ per leggerezza pensiamo sempre che avremo altre possibilità. Quando però questo è reso impossibile dagli eventi si impara l’importanza del momento e della sua irripetibilità. Impareremo mai a vivere a fondo il presente? Questo ci chiediamo mentre anche i ricordi si fanno sfumati e cadono a pezzi insieme a tutto il resto. Teniamolo vivo ogni giorno il fuoco della passione e la vita diventerà degna di essere vissuta.

La melodia gioca continuamente su atmosfere maggiori e minori, come a sottolineare l’interazione fra il calore del sentimento passato e il freddo malinconico della realtà presente. Basso e batteria sono sempre la base del pezzo, ma direi che la parte di batteria è particolarmente brillante con accenni quasi drum & bass. Il finale in crescendo sottolinea la voglia ancora e sempre di andare avanti.

FUZZY BLUES – Il testo è un piccolo sfogo verso tutti quelli che danno consigli non richiesti. Non si tratta di consigli fraterni dati da veri amici in momenti di difficoltà. Qui si parla di quei commenti un tanto al chilo secondo i quali ad una certa bisognerebbe rientrare tutti nello standard. Consigli non richiesti che sono spesso figli del bisogno di chi li dà di avere conferme su loro stessi, piuttosto che dare conforto a chi li riceve. L’inno finale è alla libertà individuale di scegliere il proprio destino.

Il brano sarebbe un blues, se non gli mancasse un ottavo. È un brano sperimentale sia a livello ritmico che armonico con un giro che si muove su 3 semitoni vicini. L’effetto iniziale è quasi ubriacante con pochi punti di riferimento lasciati all’ascoltatore. Il finale vorrebbe dare sfogo a questa tensione, ma ci riesce solo in parte in quanto la base è sempre astrusa. Anche qui effettistica e noise sono usati in abbondanza per quanto riguarda le chitarre dando quel pizzo di acidità in più che ben si lega agli intenti del pezzo. Il cantato prova a dare un senso al tutto regalando una melodia che sul finale è quasi canticchiabile sotto la doccia.

CATAFALCO – Unico testo in Italiano scritto e cantato da Maurizio Viviani. Si concentra sui percorsi intrapresi, le avventure collaterali scaturite da questi ultimi e il costante tentativo di prendere coscienza anche quando non serve.

Anche questo brano è frutto della limatura di multiple sessioni in sala prove e altrettanti tentativi non andati a buon fine. Il tutto condito da sonorità country folk, un andamento post punk e un pizzico di white noise.

MOUNT HOVITZERS – Anche questo pezzo prende origine da un’idea ritmica di Maurizio sulla quale è stato impiantato un giro di basso slap che la ricalca in gran parte. Lo schema della canzone è quasi matematico, A- B, A – B e finale. Gli spazi sono più rarefatti, nessuna chitarra ha l’ambizione di prendere il sopravvento. il rumore di fondo permane. Nella parte B del pezzo si può trovare una traccia di piano acustico, filtrata anch’essa in una cascata di effetti analogici, che è stata composta e suonata dal nostro attuale chitarrista live Andrea Villi.

Il testo riassume il significato di quanto sentito fino a qui e dà anche il significato all’album. Il tutto è stato un percorso in salita per arrivare al risultato e semplicemente godersi il momento, esattamente come succede in montagna. Lungo la strada abbiamo lasciato molte persone e tante esperienze che ci hanno accompagnato, nel bene e nel male, per una parte di percorso. Ne abbiamo sentite e viste tante, abbiamo corso, siamo inciampati e ci siamo rialzati, abbiamo arrancato ma non abbiamo mai mollato e in cima abbiamo scoperto qualcosa in più di noi.

«Per curiosità “Cima degli Obici” esiste veramente ed è una montagna in Val Rendena che svetta sopra al paese dove è stato registrato l’album. L’abbiamo scoperto solo dopo che avevamo già scelto il nostro nome e la location della registrazione quindi l’abbiamo preso come un segno del destino. Da qui la dedica in questa canzone, anche se storpiata in inglese. Inoltre, le isoipse rappresentate in copertina sono proprio quelle originali della Cima degli Obici ricalcate da una mappa. » Obici

Obici è composto da due persone, Francesco Armani, polistrumentista e voce, Maurizio Viviani batteria. Entrambi vivono nelle Valli Giudicarie del Trentino. La collaborazione tra i due è iniziata facendo cover, ma quasi immediatamente è arrivata la realizzazione di un album di musica originale, dal titolo Freaky Leeks che era anche il nome del gruppo.

Il progetto si chiude prematuramente e nasce il progetto Obici.

A maggio del 2024 è uscito il primo singolo di Obici dal titolo “Pushing that Stone”.

A settembre del 2024 esce il nuovo singolo di Obici dal titolo “You failed”.

L’album “Solipsistic Horizon” esce l’8 novembre 2024.

Francesco Armani è un musicista trentino dedito principalmente alla realizzazione di idee musicali. È completamente autodidatta e nel corso di 20 anni ha realizzato 9 album di svariati generi, 10 contando Obici. Il suo strumento principale è il basso, ma suona anche la chitarra e la batteria. Canta, ma non si definisce cantante. È anche autore di testi sia in italiano che in inglese. Ama molto sperimentare con gli effetti sia sul basso che sulla chitarra e non disdegna suoni e rumori che arrivano fino al collasso sonoro totale. Gli altri progetti dell’artista sono: Until Silence Comes, Eco del Baratro, Geisterchor, Fr.Armani, Freaky Leeks.

Maurizio Viviani è un batterista trentino. Dopo essersi appassionato al suono della batteria, Maurizio ha da allora dedicato le sue energie allo studio e pratica dello strumento. Il suo stile di suonare abbraccia diversi generi musicali tra i quali il folk, blues, funk, rock e il jazz. Tra i vari artisti con cui ha collaborato troviamo: Julie Dexter, The Flashmen, Pat Reedy, Felix Holt and the Radicals, Nazarene Corine Mighty, Jambalaya band, Norton Money e tanti altri.

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