Soprattutto dopo la crisi economica del 2008, “Cartolarizzazione” è una delle parole che più si sente quando si parla di finanza, soprattutto in relazione ai bond. Ma al di là dei riferimenti, non propriamente positivi, di cosa si tratta?
Cos’è la cartolarizzazione?
Partiamo dalla definizione comune: la cartolarizzazione (“securitization” in inglese) è una tecnica finanziaria grazie alla quale un soggetto economico, detto “originator”, trasforma una serie di strumenti finanziari illiquidi in strumenti trasferibili, e li cede a terzi sotto forma di bond. Il rischio di credito viene in questo modo trasferito a degli investitori, che possono essere sia pubblici che privati, con l’originator che ottiene il beneficio di aver aumentato la propria liquidità.
Il range di attività che possono essere oggetto di una cartolarizzazione è estremamente ampio per tipologia: si va dai mutui ai microprestiti, dai finanziamenti ai crediti collegati alle carte di credito. A poter ricorrere a tale procedimento per aumentare la liquidità non sono solo le aziende private, ma anche gli enti pubblici. Lo Stato ha spesso ricorso a questo tipo di attività, un noto esempio è stato la cartolarizzazione dei crediti contributivi effettuata dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale.
Storia della cartolarizzazione
Prima di illustrare nello specifico il funzionamento dello strumento, è giusto spiegare la storia della cartolarizzazione. La forma presente della tecnica finanziaria si diffuse negli Stati Uniti degli anni ‘70, dove venne per la prima volta applicata al mercato dei mutui. Al tempo, fu lo stesso governo americano a promuovere la cartolarizzazione, convinto che questa avrebbe portato liquidità alle stesse compagnie di mutui. La prima azienda a comprare mutui cartolarizzati fu GNMA, seguita a ruota dalle due agenzie federali FNMA e Freddie Mac.
Ma a dire il vero, la cartolarizzazione ha un’età molto più avanzata. Infatti, dall’altra parte dell’Oceano, in Europa, tecniche molto simili alla cartolarizzazione facevano la loro comparsa già dal 18° secolo. É il caso della Danimarca, dove i bond sulle ipoteche esistevano già 200 anni fa. Stesso lasso di tempo che separa i giorni nostri dalla nascita dei “pfandbriefe”, uno strumento finanziario molto simile alla cartolarizzazione presente in Germania dal 1800.
Tuttavia, come anticipato, la vera causa della fama attuale delle Cartolarizzazione è molto più recente. Parliamo della crisi del 2008, nata da quel mercato dei mutui subprime che si basava proprio sul meccanismo che abbiamo descritto finora. In quel caso, il problema scatenante non fu la cartolarizzazione in sé, ma un mancato controllo da parte degli enti interessati. Non per nulla, se si guarda il film dedicato alla crisi La Grande Scommessa, si potrà vedere Margot Robbie intenta a spiegare allo spettatore proprio la funzionalità della cartolarizzazione.
Funzionamento della cartolarizzazione
Raccontata in breve la storia della cartolarizzazione, possiamo ora descriverne più a fondo il meccanismo.
Come anticipato, la cartolarizzazione del debito è un procedimento con il quale una o più attività finanziarie indivise, illiquide e in grado di generare flussi di cassa vengono “trasformate” in bond denominati Asset Backed Securities (ABS), ovvero in attività divise e vendibili.
Il processo attraverso il quale prende forma la cartolarizzazione è il seguente. Un soggetto, che -come detto- prende il nome di originator, raccoglie sul mercato un certo numero di crediti. L’originator, successivamente trasferisce i crediti ad una società denominata Special Purpose Vehicle (SPV), la quale da quel momento riceve gli interessi e la restituzione del capitale direttamente dai sottoscrittori dei mutui. La SPV, per finanziarsi, emette dei bond che verranno sottoscritti dagli investitori, i quali a loro volta pagheranno emettendo liquidità. I bond emessi dalla SPV sono divisi in tranche, alle quali viene corrisposto un rating.
In ordine di rischio, le tranche si distinguono in:
- tranche senior
- tranche mezzanine
- tranche equity
Il pagamento delle tranche avviene secondo un meccanismo denominato “a cascata”: le tranche ad essere pagate per prime sono le meno rischiose, le senior, seguite dalle tranche più rischiose come le mezzanine o le equity. Il meccanismo appena descritto permette una distribuzione del rischio: le tranche equity, più redditizie, potranno essere sottoscritte da soggetti più propensi al rischio; al contrario, le tranche senior esporranno i soggetti ad un rischio minore, a patto di una retribuzione minore.
Gli interessi passivi dei bond emessi dalla SPV, successivamente, verranno pagati grazie alla restituzione degli interessi dei finanziamenti sottostanti.
Ecco spiegato il meccanismo che consente alle banche di trasformare attività illiquide in liquide. Questo avviene poiché, con il trasferimento dei finanziamenti alla SPV, la banca ottiene il corrispettivo in denaro (rinunciando alla restituzione del capitale e agli interessi), disponendo di una maggior liquidità, che a sua volta permetterà di espandersi o replicare il processo (e quindi di concedere altri mutui, per poi cartolarizzarli)
In tutto questo, c’è un dettaglio non trascurabile: la SPV normalmente non è tenuta a rispondere di un eventuale fallimento dell’originator.
Le tipologie di cartolarizzazione
Fino ad ora abbiamo spiegato il meccanismo della cartolarizzazione tradizionale.
Eppure, esistono altri 4 modelli di cartolarizzazione. Li elenchiamo brevemente di seguito:
- CARTOLARIZZAZIONE SINTETICA: La SPV si impegna a rimborsare l’originator in caso di insolvenza, agendo come fosse un’assicurazione. Da parte sua, l’originator versa alla società veicolo un importo periodico, che corrisponde al prezzo attribuito alla copertura.
- CARTOLARIZZAZIONE REVOLVING: La SPV emette Assed Backed Securities contenenti crediti, che a loro volta vengono cedute e portate a scadenza con frequenza periodica, man mano che si formano nel bilancio dell’originator
- CARTOLARIZZAZIONE TRAMITE CONDUT: I crediti non vengono ceduti ad una SPV, ma ad un altro tipo di società denominata Condut. Gli strumenti finanziari emessi prendono il nome di “Asset Backed Commercial Paper” (ABCP), e hanno scadenza pari a un anno o inferiore
- CARTOLARIZZAZIONE REPACKAGING: Ad essere ceduti sono titoli generati da una precedente cartolarizzazione, con i titoli emessi che prendono il nome di Collateralized Debt Obligation (CDO). La cartolarizzazione repackaging, prevede il rimborso progressivo, ossia un piano di rimborso senza ammortamento.
Vantaggi della cartolarizzazione
Il processo di cartolarizzazione comporta diversi vantaggi. Questi benefici non riguardano solo l’originator, ma bensì anche gli investitori.
Partendo dall’originator, il primo vantaggio ottenuto dalla cartolarizzazione è una maggior liquidità, che permette tra le altre cose di replicare il processo stesso. Ciò è valido non solo per le banche, ma anche per le imprese, soprattutto nel caso queste producano beni d’investimento come impianti o macchine industriali. Beni come quelli appena descritti, infatti, vengono spesso pagati grazie a finanziamenti a lungo termine. Tramite la cartolarizzazione, quindi, le imprese riescono a recuperare in liquidità, riequilibrando così la propria struttura finanziaria.
Quali sono invece i vantaggi connessi alla cartolarizzazione per gli investitori? Sono principalmente quattro:
- una riduzione del rischio,
- la diversificazione del portafoglio,
- un rendimento superiore alle forme classiche di investimento con stesso rating
- una maggior adattabilità e flessibilità alle diverse esigenze finanziarie.
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