A tu per tu con Daniela Prata

Daniela Prata è una giovane disegnatrice che da tempo si sta affermando come talento made in Italy. La pandemia ha interrotto i numerosi progetti che stava perseguendo, ma piano piano per lei si sta riaprendo un orizzonte artistico di sogni, legati alle sue adorate matite colorate.

Da un po’ di tempo Daniela ha anche subito un profondo lutto, ed il suo stile artistico ha subito inevitabilmente dei cambiamenti. La intervistiamo a Villa Liz di Varese, ospite della padrona di casa Marina Castelnuovo (attrice, imprenditrice, conduttrice e sosia ufficiale di Liz Taylor).

Come definiresti questi ultimi anni, Daniela? È stato un periodo davvero buio per te.

“Purtroppo è così. La morte di mio padre è stata del tutto inaspettata, come uno schiaffo lanciato ad altissima velocità, di quelli che ti lasciano senza respiro. O come una doccia gelata improvvisa che ti immobilizza. La vita si ferma, il cuore si frantuma in mille pezzi e nella testa il caos. Vorresti riavvolgere il nastro, ma il Tempo obbedisce alla sua legge spietata: va inesorabilmente avanti, freddo, se ne sbatte dei sentimenti. Vorresti morire per poterlo rivedere, ma ti rendi conto di avere ancora una vita da vivere, una figlia, una famiglia, hai tante cose da fare e non puoi. Vorresti una porticina per il Paradiso, per incontrarlo, per accarezzargli i capelli ancora una volta, per farci una chiacchierata o dirgli semplicemente che gli vuoi bene. Dopo un po’  ti accontenti anche solo di vederlo in sogno, dove appare sempre sereno, sorridente e rassicurante, e così cominci a fare pace con la morte”.

Concretamente, come hai reagito a questo profondo lutto?

“Pochi giorni dopo la dipartita di papà ho avuto la necessità di occupare il più possibile la mente per poter sopravvivere, per reagire allo sgomento, alla rabbia e alla disperazione: ho disegnato con ossessione e passione. Nel mio disegno ho notato subito il cambiamento rispetto a prima del trauma: più interiorità, tratti più marcati, più emotivamente incisivi e vibranti. Passo dal nudo e da un’esteriorità dirompente e sfacciata a toni più pacati, riflessivi e introspettivi. Dalla mia sofferenza nasce ‘Ricominciare a sorridere’, il ritratto di una donna che sorride con gli occhi chiusi sotto una doccia gelata. L’acqua che la investe è il trauma della morte. I colori diventano più cupi per la drammaticità del tema e dell’esperienza, ma il sorriso è un segno di speranza, il simbolo del cammino verso la riconquista della serenità”.

Cosa stanno rappresentando per te le matite in questa fase dolorosa?

“Le matite mi aiutano a rielaborare il lutto, ad alleviare questo dolore atroce e inaspettato. Passo ore e ore concentrata a disegnare e a colorare: è come leccare la ferita. Altro mio quadro con colori scuri e in un’ atmosfera onirica che richiama l’al di là è ‘Se guardo oltre, so che sei lì’ : una donna sorridente ma con le lacrime, che guarda lontano per cercare sulla terra segnali spirituali di una persona che non c’è più. Chiude questo ciclo legato alla morte il quadro ‘Tra cielo e radici’ : una donna con le mani appoggiate sulla testa, che guarda avanti, sopra c’è il cielo, per il desiderio di ricongiungimento con una persona cara che ha abbandonato la vita terrena; le braccia che sembrano cortecce di albero simboleggiano il desiderio di restare coi piedi per terra, di accettare la realtà, di vivere e di andare avanti. I colori ritornano più accesi e più vivi. L’ultimo quadro finora della mia produzione devo ancora completarlo, e rappresenta una vera e propria rinascita: una figura femminile che sorride in modo sereno, fiera e raggiante, con colori più allegri”.

Cos’altro ti dà sollievo? 

“Nel viaggio verso l’elaborazione del lutto mi ha aiutato anche lo studio: avevo deciso di integrare il mio piano di studi della laurea in Psicologia con alcuni esami per accedere alla classe di concorso relativa all’insegnamento delle materie umanistiche nella scuola secondaria di secondo grado: mi sono detta ‘se mi venisse la voglia di cambiare ordine di scuola e lasciare la Primaria, ho già la carta pronta per poterlo fare’ . Ho così iniziato uno studio ‘matto e disperatissimo’, spostandomi dalla filosofia alla sociologia, dall’antropologia culturale alla pedagogia, dalle teorie e tecniche di comunicazione di massa alla mia amata psicologia. Mi sono finora barcamenata tra lavoro, casa e famiglia. Questa follia mi ha portato a dare dieci esami in un anno e mezzo, ma anche alla consapevolezza sempre più forte di amare profondamente il mio lavoro: programmi d’esami stupendi, arricchenti e stimolanti, ma che mi orientano emotivamente verso il mio primo amore, la formazione nella scuola Primaria. Sono quei cinque anni in cui ti senti una parte importante della crescita di bambini dai sei ai dieci anni, ed il cambiamento che avviene in loro e di cui sono in gran parte responsabile è qualcosa che mi commuove profondamente. Insegnare ai bambini ad apprendere mi riempie di orgoglio. Credo pertanto che questo passaggio, per quanto mi riguarda, da un grado di scuola ad un altro, non avverrà mai”.

In questo ultimissimo periodo ti senti almeno un po’ più serena?

“Il dolore piano piano viene lenito, le lacrime cessano e inizia la risalita. Vedo la vita in un altro modo, e sto cominciando ad acquisire la gestaltica ‘Awareness’, la Consapevolezza: sto prendendo coscienza della caducità dell’essere umano e mi viene ‘fame di vita’. Voglio sfruttare al massimo ogni minuto della giornata, catturando tutte le cose buone che arrivano ogni giorno. Desidero cogliere le opportunità, osservare di più, prestare maggiore attenzione al mondo intorno a me. Soprattutto, sto imparando a curare di più le relazioni umane, e a non dare nulla per scontato. Mi sto applicando nel preferire una parola di più che una di meno. Voglio fare una telefonata? La faccio. Voglio abbracciare? Prendo la persona e l’abbraccio. Il cuore che si era accartocciato si espande all’amore. Trovo una forza e un coraggio che non pensavo di avere, ed affronto le difficoltà con uno spirito nuovo. E poi comincio a fregarmene dei giudizi altrui: non ho più peli sulla lingua, con nessuno. Non mi tengo niente dentro, scelgo di non trattenere le emozioni. Esco fuori. Mandando anche a quel paese, se necessario, situazioni e persone tossiche. Scelgo la via dell’ autenticità. Siamo precari su questa terra, per cui sento oggi dentro di me lo slancio a fare subito le cose senza rimandare niente. Non dico di non avere più paura di nulla ma, come disse Rossella, ‘francamente me ne infischio’.

Credi molto, quindi, nel potere eloquente e persuasivo della parola?

“Sì : i pensieri vanno espressi, i sentimenti vanno manifestati, le emozioni comunicate. L’essere umano è in grado di scegliere accuratamente le parole per descrivere questi aspetti interiori e per comunicare agli altri cosa pensa e cosa sente. A volte si commettono errori nelle relazioni, ma attraverso il dialogo ci si confronta, ci si chiede scusa, si ritrova l’equilibrio e si riparte insieme.

Un ulteriore aspetto di questa mia crescita interiore degli ultimi tempi, un cambiamento evolutivo in parte costretto dagli eventi e in parte voluto in quanto frutto di ragionamenti e di un ‘sentire’ più maturo, è il senso dell’umorismo: ho voglia di ridere, di sorridere e di stare bene insieme agli altri. Ho voglia di considerare il bicchiere mezzo pieno, di trovare il lato positivo anche nelle situazioni più tristi e più difficili che ci sorprendono nella vita, di smorzare la negatività con l’ironia e l’allegria, di scovare il lato vincente di ogni esperienza”.

Progetti dopo la pandemia?

“Aprirmi alle esperienze e cogliere le opportunità, conoscere persone, disegnare e continuare il percorso di espressione di pensieri ed emozioni attraverso il disegno”.

Buona ripartenza, Daniela!

Ulteriori info a:

https://www.facebook.com/Daniela-Prata-Disegnatrice-1493789647415753/

www.villaliz.it

www.marinacastelnuovo.com