Dopo aver magnetizzato il pubblico con le sonorità ipnotiche di “Armageddon” ed averlo cullato con la malinconica dolcezza di “Latte e Biscotti”, il poliedrico cantautore e producer milanese Pecci, nuovo volto della fusione musicale made in Italy, torna a mostrarci il suo eclettismo in “Incubo” (distr. ADA Music Italy), perfetta destinazione del suo Ciclo dei Sogni che, iniziato nel 2021 con la pubblicazione di “Narcolettico”, in questa tappa conclusiva trova senso e valore mediante la sua antitesi.
Su ricercate ed attualissime sonorità indie-lunge, minuziosamente curate dall’abilità figurativa di Delicottero, si posa infatti un testo d’autore in cui l’incubo simboleggia il viaggio verso la scoperta di se stessi nella propria totalità, perché è solo entrando in contatto con timori e conflitti interiori, temprati dall’indomita volontà di guardarli dritti negli occhi, che è possibile comprenderli a fondo prima, per esorcizzarli e superarli poi.
Una vera e propria accettazione della ciclicità dell’esistenza, in cui bene e male non si identificano in concetti necessariamente contrapposti, bensì in un incessante fluire nel quale, senza la presenza di uno, non potrebbe esistere l’altro e, di conseguenza, ove ciascun essere umano è conscio di dover accogliere entrambi all’interno della propria quotidianità. Questo è “Incubo”, una carezza delicata sulla ruvidità di paure complesse da scardinare, una brezza fine e leggera sulle zavorre che gravano e gravitano nel nostro universo animico, una vivida istantanea su ciò che è la nostra vita al momento presente e su ciò che, invece, sarebbe stata se avessimo pensato e agito in maniera differente:
«In questo pezzo – dichiara Pecci -, cerco di entrare in un incubo per rassicurarmi in un momento di stress e tensione, rendendo il più lucido e nitido possibile un sogno che poteva finire male».
In quel «fragile gioco d’istinto», rappresentato da un’impeccabile sequela di liriche e traslati, l’artista narra inizialmente le complessità che si celano dietro alle maschere che abitualmente indossiamo per l’apprensione di mostrare la nostra vera natura, come «palazzi argento e neon che nascondon la provincia»; maschere che, come pozzanghere sul cemento del cuore, riflettono un volto alterato e distorto, portandoci a confonderci e confondere – «nelle pozzanghere non ti tuffare che ti fai male, che ti fai male e poi piangi e fai danni anche agli altri» -, per poi affrontare, nella seconda strofa, l’importanza di vivere appieno gettando a terra ogni filtro – «per un secondo fatti sto viaggio» – ed inutile dissimulazione, perché infondo «è così bello avere coraggio», il coraggio di scorgere oltre «un futuro già visto», al di là un’immagine distopica e ingannevole proiettata da «specchi infranti» che solo l’audacia di guardarsi dentro sa ricostruire, ricomponendone ogni frammento, senza sostituirlo, ma rendendolo parte di un nuovo processo creativo, più autentico e realistico che mai.
La release è accompagnata dal videoclip ufficiale, diretto da Andrea Pomarico, in cui Pecci ripercorre flashback e ricordi per poi liberarsi dei fardelli del suo passato, raffigurati nella clip attraverso la suggestiva metafora di un bagaglio, gettato, alla fine del viaggio, tra le fiamme di un falò, simbolo di trasmutazione e rinascita.
“Incubo” chiude ufficialmente il Ciclo dei Sogni, inaugurando al contempo il nuovo percorso artistico di Pecci, un cantautore originale e versatile che ha fatto della fusione di generi e stili la sua cifra stilistica e, dell’emozionalità e dell’eleganza, i punti cardine di un successo in continua ascesa.