La mostra #lasciamiandare di Monica Marioni arriva a Taranto

Un’esperienza immersiva, un pugno artistico al ventre molle della coscienza collettiva sul tema delle relazioni tossiche e delle dinamiche psicologiche proprie della dipendenza affettiva.

Dal 25 Novembre al 20 dicembre 2023 l’ipogeo di palazzo Spartera ospita il progetto artistico #lasciamiandare, di Monica Marioni, a cura di Maria Savarese e Maria Rosa Sossai, con il contributo dello psicologo Stefano Di Carlo.

#lasciamiandare racconta attraverso installazioni e videoperformances il percorso emotivo che conduce dalla presa di coscienza di vivere un rapporto tossico alla progressiva riconquista del proprio giudizio, della corretta prospettiva di sé e del mondo, e quindi alla liberazione da tale relazione. Partendo da un’esperienza personale, il progetto si articola quindi in un corpus di opere che hanno come tema le dinamiche psicologiche emblematiche della dipendenza affettiva.
Il progetto è un vero e proprio viaggio, sia dell’interiorità che fisico. Le diverse mostre realizzate sul territorio nazionale fra Napoli, Vicenza, Capri e Lecce sono state pensate infatti come esperienze immersive. Ognuna si focalizza su una fase dell’esperienza relazionale tossica: dalla prigionia all’oggettivazione, dalla manipolazione – fra controllo, isolamento, gaslighting – fino allo scarto, da cui poi parte la lunga strada verso la riconnessione con se stessi, verso la consapevolezza, il divenire e, quindi, la rinascita che permette di vedere ciò che prima non si riusciva nemmeno a percepire. È un lungo cammino, quello verso la consapevolezza come stabile dimensione esistenziale a cui tutti dovremmo tendere.
Utilizzando diversi media linguistici – dalla performance, al video, dalla fotografia al disegno – l’artista vicentina ha impiegato gli ultimi cinque anni della sua vita a tessere una fitta ed intensa trama narrativa in diversi capitoli per raccontare quel percorso che, partendo da una condizione di vittima all’interno di una relazione tossica, l’ha condotta verso la riappropriazione di sé, approdando ad una vera e propria rinascita.
C’è un senso di continuità tra le diverse mostre del progetto #lasciamiandare, anche se ognuna di esse possiede una piena autonomia. Alcuni elementi infatti ritornano e si ripresentano sotto una veste diversa, ampliandone il significato. Ogni tappa che si aggiunge è un ulteriore tassello verso consapevolezze prima sconosciute, attraverso la sperimentazione di nuove forme.
I luoghi all’interno dei quali sono allestite le mostre rivestono per l’artista un ruolo fondamentale, indirizzando le scelte e interagendo con le opere e con il pubblico che in tal modo diventa parte integrante del progetto artistico.

L’allestimento tarantino è un’iniziativa di Sostegno Donna, centro antiviolenza gestito dall’Associazione Alzàia Onlus ETS in ATS con l’Associazione Sud Est Donne, di concerto con l’Assessorato ai Servizi Sociali, Politiche d’Inclusione e Pari Opportunità di Taranto nella persona dell’assessore Gabriella Ficocelli.
La promozione di attività ed eventi legati al cambiamento culturale, alla sensibilizzazione e prevenzione del fenomeno della violenza su donne e sui minori sono parte integrante dell’attività del centro, e in questo ambito si inserisce la mostra #lasciamiandare.
Il centro antiviolenza Sostegno Donna è impegnato da anni a contrastare il fenomeno della violenza di genere sul territorio di Taranto, attraverso un lavoro quotidiano che mira a promuovere il benessere, il rispetto della dignità personale e l’autonomia delle donne. Uno spazio di ascolto e sostegno concreto che aiuta le donne ad uscire da situazioni di violenza fisica, psicologica, economica, sessuale, stupro, molestie, stalking e violenza assistita, grazie al lavoro coordinato di un’equipe di professioniste.

La sede espositiva è resa disponibile dall’associazione Follow your sun, che gestisce l’ipogeo di Palazzo Spartera in collaborazione con l’associazione Del Pittaggio del Baglio.
Follow your sun è impegnata nella promozione della cultura storica della città di Taranto attraverso la riscoperta e la valorizzazione dei siti.
L’associazione è impegnata unitamente ad altre e con varie università nel proseguire gli studi su quella che si sta rilevando una vera e propria rete sotterranea, una sorta di città sotto la città che si punta a rendere sempre più fruibile.

Gli Ipogei, nello specifico della città vecchia, antica akropolis, sono parte attiva di questo processo di riscoperta di identità plurimillenaria. L’ipogeo di Palazzo Spartera si inserisce perfettamente in questo contesto, e attraverso ampi e articolati ambienti partenti dall’essere stato un’antica cava di età greca ne descrive varie fasi di utilizzo sino ad arrivare ad essere stata parte sotterranea di un convento.
L’allestimento trasforma questi ambienti sotterranei in un’allegorica casa-prigione, nella quale la violenza fisica e psicologica viene percorsa tramite installazioni e video che richiamano simboli e momenti di una prigionia che è in primis mentale, ma spesso poi delimitata anche in termini spaziali. Chi è vittima di una relazione tossica infatti non ha libertà di movimento, viene progressivamente isolato e costretto in spazi ben delimitati dal controllo esercitato dal carnefice. L’architettura dello spazio riproduce in modo allegorico la realtà quotidiana così come viene vissuta e percepita dalla preda.

Completano l’esposizione le opere video La Colpa e Il fiore dello scarto, inediti realizzati appositamente per questo allestimento tarantino.
La Colpa riflette sul senso di colpa delle vittime in termini di responsabilità personale, ovvero su quante delle offese e dei danni ricevuti dagli altri le raggiungano per loro concessione, per la loro propensione al rimanere in una situazione punitiva, intrinseca o indotta che sia.
Il fiore dello scarto è una riflessione visiva sulle vite ed i sacrifici della comunità di Taranto, in relazione alla propria storia industriale. La contrapposizione insanabile fra i cittadini, che vogliono la chiusura degli impianti, e i lavoratori che difendono l’occupazione, pur essendo le prime vittime dei veleni, manda in scena l’impossibile scelta fra lavoro e salute, una tragica empasse che annulla la voce in capitolo di entrambe le fazioni riducendole a mera forza lavoro, utilizzata, consumata nel corpo e nell’anima, e alla fine semplicemente scartata senza remore.

Nota biografica Monica Marioni
Artista multidisciplinare, Monica Marioni fa dell’arte una professione a seguito dell’incontro con Antonina Zaru, gallerista e mecenate, che la spinge a muovere i primi passi partendo da Napoli con una collettiva a palazzo Crispi. La collaborazione pluriennale culmina con l’invito a realizzare un’opera monumentale nell’ambito di un evento collaterale alla 53^ Biennale d’Arte di Venezia. È così che crea “Ego”, installazione e videoarte unite in un unico lavoro. Approda poi alla “pittura digitale” con il progetto “Ninfe”, presentato a Vicenza per iniziativa della Fondazione Vignato per l’Arte, e con “IO SONO”, allestito a Milano alla Fondazione Stelline, durante il quale incontra per la prima volta la performance, ospitando il danzatore Butoh tedesco Imre Thormann. Con “REBUS” del 2013 Monica Marioni torna al materico in tecnica mista, così come nelle successive opere di “FAME!”, progetto pensato per EXPO 2015 – Feed the planet, ma presto svincolatosi per raccontare tutte le «fami» proprie dell’individuo contemporaneo attraverso la compresenza di quadri, foto, installazioni e momenti performativi. Con FAME! al PAN di Napoli inizia la collaborazione con la curatrice Maria Savarese attraverso il progetto filmico LE UMANE PAURE. “HOTEL MO.MA”, curato da Maria Rosa Sossai e presentato nel febbraio 2019 a Vicenza, ha segnato invece un avvicinamento deciso verso un’arte più minimale e concettuale, installativa e performativa.
In ogni sua forma l’attenzione artistica di Monica Marioni è sempre concentrata sulla figura umana, che rappresenta con una vasta e varia gamma espressiva atta a raccontare le paure, ansie e nevrosi dell’individuo contemporaneo: in particolare nel più recente progetto, #lasciamiandare (2022 – in corso), nel quale l’unione di videoperformances ed installazioni è volta alla costruzione di un’esperienza emotiva che avvicini alla consapevolezza della tossicità di molti rapporti relazionali.