AALEX
presenta l’album
THE MOON! SHE’S WATCHING US
Autoproduzione
https://open.spotify.com/intl-it/album/2p4AKnR21tVvkLitlUe0Aa?si=Qbz9Dv1bTrWCMXvxcrOrLg
IL DISCO
“The moon! She’s watching us”, è il prodotto di tre anni di lavoro, il risultato delle mie esperienze, il riassunto di ciò che ho vissuto e provato durante la sua lavorazione. L’album contiene canzoni eterogenee, diverse tra loro, che suscitano all’ascoltatore emozioni differenti, mantenendo comunque inalterato lo stile e le idee che si trovano alla base della loro creazione
BIOGRAFIA
Sono Aalex, un batterista che dopo aver fatto molta esperienza suonando in diverse band sia live che in studio, si è annoiato di stare nella parte posteriore del palco ed ha deciso di esporsi componendo un disco in qualità di produttore.
L’INTERVISTA
- Musicalmente come definiresti lo stile di questo album?
Di solito lo definisco RnB, ma le canzoni sono così eterogenee che è impossibile descriverle e raggrupparle in un solo genere.
- Cosa è cambiato dai tuoi esordi da batterista ad oggi?
È cambiata la mentalità. Prima di iniziare questo album facevo il turnista in varie band, poi con il Covid-19 c’è stato uno stop improvviso che mi ha fatto capire quanto incerta e imprevedibile sia la vita del musicista, soprattutto se non si ha un contratto che ti lega ad un gruppo o che ti dia delle garanzie. Ho deciso così di andare all-in con un mio disco anche per non essere rimpiazzabile.
- Hai curato tu tutti gli arrangiamenti dei brani?
Si ho curato io gli arrangiamenti, affidandomi però anche ad altri musicisti nei momenti di vuoto artistico.
- Hai un episodio divertente che è successo durante la realizzazione del disco?
Più che durante la realizzazione del disco, ne ho uno durante un live. Premetto che la mia band è composta da tre elementi + sequenze, e tutti e tre suoniamo in in-ear perché abbiamo bisogno del click in cuffia. Per farla breve il fonico non aveva ricevuto la scheda tecnica e non c’era né l’attrezzatura per suonare in cuffia né le spie sul palco. Dopo un primo momento di sconforto decidiamo di esibirci lo stesso provando a seguire le sequenze che uscivano dalle casse verso il pubblico. Furono tanti gli errori, ma alla fine portammo a casa il live e tanti ci fecero i complimenti, ma non ho mai faticato così tanto durante un mio concerto.
- E momenti di crisi in cui pensavi di non farcela a finirlo?
Durante questo percorso sono stati molti i momenti di crisi. Il primo è stato all’inizio, quando mi sono davvero reso conto della mole di lavoro, di tempo e di impegno che questo progetto necessitava, non mi sentivo all’altezza (e detto tra noi… non lo ero). Ho iniziato a studiare un po’ di armonia e di piano e, un tassello dopo l’altro, in “soli” tre anni sono riuscito a portarlo a termine.
- Progetti per dopo l’uscita del disco?
Quello che voglio fare ora è suonare il più possibile live, è una cosa che mi gratifica molto.