Nella sua fremente e vibrante propulsione sperimentale che lo sostiene e lo sorregge nell’incessante ricerca creativa, Daniel Mannini si può a buon conto e a buon diritto considerare un artista dallo spirito intrepido e intraprendente, che rispecchia a pieno quella visionarietà eclettica e poliedrica, che appartiene al DNA geniale di figure portentose come la grandissima Marina Abramovic, performer di indiscussa originalità espressiva, che ha saputo stupire e offrire sempre delle proiezioni inedite e sui generis, anche volutamente provocanti e provocatorie, per sfidare se stessa in primis e per trovare sempre delle nuove innovative risorse da poter condividere con lo spettatore in un continuo gioco di avvincente interazione. Marina Abramovic è un esempio eccellente ed eccelso di arte concepita come forma di evasione liberamente esternabile, come arte che reclama e rivendica una identità distintiva e connotativa unica ed esclusiva, un’arte che si pone anche come punto di rottura e di frattura per lanciare messaggi di pregnante rilevanza a livello sociale e collettivo e che si rende fortemente impattante e permeante per essere ancora più incisiva e sferzante e per diventare ineguagliabile e inimitabile. Marina Abramovic è la somma di principi cardine fondamentali e imprescindibili e al contempo è un modello autonomo e indipendente, scevro da qualunque intento emulativo e da qualsivoglia volontà pedissequa, ma altresì anche modello di arte non mercificante e non speculativa, di arte che conserva e custodisce una purezza di vedute e un’integrità di pensiero inalienabile e inviolabile. Ecco, perché Marina Abramovic celebra attraverso l’arte una sublimazione ideale dei valori, che ne sorreggono la dimensione esistenziale e fanno da riferimento per meglio comprendere quanto di sotteso ed insito è racchiuso nei significati subliminali, che vuole esternare e raccontare. Ho coinvolto Daniel Mannini in una breve intervista, affinché da giovane artista di impavida energia appassionata, possa manifestare il suo pensiero a riguardo, come un simbolico dialogo compartecipe, tra la sua essenza creativa e quella della somma maestra d’arte.
D: Cosa ti trasmette la figura artistica di Marina Abramovic e in quale modo ti approcci alla sua genialità?
R: La figura di Marina trasmette quel senso di conoscere già una persona senza averla mai incontrata. La genialità delle sue performance non è tanto il cercare di sbalordire le persone, quanto creare un contatto umano e sincero, dove l’animo viene approfondito ed elevato ad un’importanza tale da diventare il soggetto principale, mentre i corpi rappresentano semplicemente un mezzo per arrivare all’interazione. Questa ricerca emotiva cerco di inserirla all’interno della mia visione artistica, utilizzando una doppia tipologia di comunicazione, astratta e figurativa. Non penso che possano esistere barriere e la scelta di un solo percorso. Credo che per dare l’espressione giusta a una ricerca bisogna inserirla nel contesto giusto. Questo pensiero di abbattimento delle barriere per avere un maggior contatto è richiamato anche nella sua filosofia.
D: Quale tra le spettacolari performance da lei realizzate ti ha emozionato e suggestionato maggiormente e perché?
R: Le performance che mi hanno colpito maggiormente sono, in ordine di tempo in cui sono state realizzate, “Balkan Baroque” per il suo impatto visivo ma soprattutto emotivo, dove viene messa a nudo la cruda violenza durante la guerra della ex Jugoslavia, rappresentata anche grazie all’odore che emanavano le ossa di animali che lei ripuliva. Per me questo rappresenta una massima espressione di questa tipologia di tematica, perché colpisce più sensi contemporaneamente, lasciando un proprio segno. L’altra performance è “The artist is present” e rimango sempre colpito nel momento in cui si presenta davanti il suo ex compagno Ulay, presente anche nella scena con la freccia e l’arco, altro capolavoro. L’unico contatto che si poteva avere con Marina era quello visivo, e questo richiama molto anche il mio pensiero riguardo la pittura, dove gli occhi rappresentano l’unico mezzo per ambire a sviluppare una sensazione di toccare con mano i dipinti astratti e materici, che rimangono sempre un momento di estrema intimità nell’azione istintiva che perdura nel tempo, adattandosi alle nuove circostanza che si presentano.
D: Ti incuriosisce e affascina la possibilità di sperimentare anche la dimensione di performer sulla scia del suo modello?
R: Mi ricordo che quando studiavo ho assistito a delle performance e mi ricordo che non apprezzavo molto, forse anche perché vedevo l’arte come un qualcosa di classico e non inquinabile in altre forme per ritenersi tale, però con il tempo e con il tentativo di approcciarmi in modo diverso, questo mio pensiero è cambiato. Molto dipende anche dal tipo di interesse d’argomentazione che viene ricercato, che colpisca soprattutto per la sua poetica e la sua rappresentazione. Personalmente non ho mai accarezzato l’idea di provare questo percorso, soprattutto perché adesso sono in un momento di ampliamento dei miei orizzonti che hanno bisogno di una propria natura per poter essere espressi nel miglior modo possibile; non la perfezione della tecnica, ma del supporto e la tipologia in cui viene composta la mia arte. L’essere passato dall’astratto e materico su tela fino al figurativo e con l’uso della grafica, con l’intermezzo del figurativo su tela, mi ha permesso di riconoscere il vestito giusto per ogni idea che poi voglio mettere in atto. Il tutto è racchiuso dal mio gusto e dalle mie passioni, che adotto nella comunicazione.
Il sito web di Daniel Mannini è www.danielmanniniart.it .